IL CAMMINO VERSO LA REINTEGRAZIONE

Preambolo.

 

Mi perdonerete se parlo delle sacre scritture e più in particolare parto proprio dalla bibbia, ma se dobbiamo parlare di reintegrazione, trovo più che necessario partire da….
“Ormai il suolo non produrrà che spine e roveri, la Terra sarà maledetta a causa tua” questa è la frase con la quale l’uomo ha decretato il suo allontanamento da uno stato di guardiano illuminato ad uno di schiavo.
Le scritture ci parlano di un uomo (Adam significa proprio uomo) che aveva il potere su tutto il creato, infatti venne posto nell’Eden come guardiano e gli si presentarono tutte le creature affinché potessero ricevere un nome. Ma purtroppo a causa delle sue azioni decadde e da “capo” divenne schiavo. Da questo punto in poi comincia il lavoro di reintegrazione, ossia comincia il tentativo di rimettere a posto il guaio che ha combinato… ma più in particolare cosa ha realmente fatto, già perché per mettere a posto una cosa bisogna prima sapere dove si è sbagliato. Dobbiamo prima di tutto comprendere che l’uomo gestiva l’Eden e ne controllava il suo sviluppo, in breve se lui era una creatura di luce tutte le cose che vi nascevano erano di luce, persino gli elementi si presentavano sotto forma di essenza superiore, tutto il creato lavorava secondo leggi ideali e cicli perfetti. Il vero cambiamento avvenne quando il guardiano dell’Eden decise di creare e non più di condurre semplicemente, in breve aprì le porte alla fisicità…. mi spiego, non è che la fisicità sia da disprezzare e la spiritualità sia l’unica via da perseguire, ma le creazioni devono avere per così dire un anima. Mi spiegherò ancor meglio, ogni nostra azione potrà essere abbrutimento o santità, tutto sta nel fine, nell’intenzione… gesti semplici possono essere l’inizio di un cammino di reintegrazione, ogni nostro gesto quotidiano. Osserviamo alcuni esempi dalla cabala, mangiare, fare l’amore, persino andare in bagno tutto può essere l’inizio della consapevolezza di un fine superiore, si può magiare perché si ha fame o perché il nostro corpo lo richiede per portare avanti un piano superiore, in breve la grande opera richiede che noi viviamo. Pensiamo a dei gesti persi nel tempo ed al loro significato, quando prima di mangiare si ringraziava, non lo si doveva fare solo come atto di devozione, ma per prendere coscienza che quell’atto era direto ad un fine superiore, si voleva sacralizzare ciò che, in teoria, di più basso poteva esserci ossia espletare funzioni fisiche. Questo in breve era “mandare scintille verso l’alto”, ogni atto era sublime perché ogni atto era volontà diretta ad un fine ben preciso. Ogni atto quindi potrà essere giusto o potrà essere fatto perché …. bho mi andava. Lo sgrossare la pietra grezza è proprio un’opera di reintegrazione, tirare fuori da ogni gesto grezzo l’essenza reale di quello che è realmente quel gesto.
Ecco un esempio che ci viene dato dal testo del DERECH HA-SHEM (la via di Dio) Ogni cosa che esiste in natura è un dettaglio che conduce alla meta generale secondo la quale tutta l’esistenza dovrebbe raggiungere la perfezione… questo è il significato del Birkas ha-Mazon (ringraziamento dei pasti). Ed ancora Per amplificare questo concetto i nostri saggi hanno anche ordinato delle altre benedizioni prima che si prenda parte a qualunque godimento. Chiaramente queste parole possono sembrare esagerate, ma il principio è proprio questo, consapevolezza
Quando pensiamo a cosa significhi lavorare la pietra grezza, cosa immaginiamo? Noi che sudiamo per fa diventare bella levigata e cubica una pietra tutta grotoluta mentre tutte le schegge inutili cadono intorno a noi, ma che fine fanno tutte quelle schegge? Potrà sembrare un pensiero stupido, ma se il nostro obbiettivo è la reintegrazione, non possiamo togliere e buttare, ma piuttosto trasformare. Se tutto deve tornare ad uno stato ideale e sublime, nulla potrà essere scartato “La pietra scartata dai costruttori è diventata testa d’angolo”. Immaginare tutte le nostre vecchie abitudini come una cosa da sopprimere è sbagliato, sarebbe come voler buttare via le schegge della pietra, piuttosto bisogna chiedersi come posso inserire ciò che faccio nel contesto di un piano divino… in fin dei conti anche la psicologia ci insegna che obbligarsi a fare ciò che non ci piace è solo fonte di futuri problemi psicologici, il reprimersi non è una soluzione, piuttosto la comprensione di ciò che si deve fare è essenziale per poter svolgere il proprio lavoro in letizia e nella maniera giusta.
Questo che ho esposto è chiaramente un bel discorso, ma nella pratica sappiamo tutti che non è così facile, infatti tutto il creato è racchiuso nell’uroboros, quel serpente che, mangiandosi la coda, altro non indica se non un continuo ciclo al quale tutti noi siamo sottoposti in virtù dell’apparenza in cui siamo imprigionati. L’apparenza è proprio la chiave di tutto, i sensi infatti traggono in inganno e ci inducono a credere che esista solo il sensibile ed è sulla base di ciò che noi conduciamo le nostre vite. Farsi attrarre da un esigenza e poi dall’altra o da una passione non è vita, significa vivere la giornata alla meglio a seconda di quello che desideriamo in quel momento. L’iniziato invece dovrebbe vivere consapevolmente, possiamo dire che deve essere sveglio; egli deve essere capace di vedere nella passione l’elemento acqua, nel pensiero l’aria e così via, solo così potrà essere nuovamente il pastore degli elementi. Il super uomo di cui stiamo parlando lavora con convinzione e diligentemente, alleva i figli con amore, studia con passione e ama con trasporto, tutto sarà vissuto al massimo ed in maniera consapevole, il suo volere non sarà desiderare, il suo osare non sarà provare, il suo sapere non sarà leggere ed il suo tacere non sarà solo silenzio.
Esiste un passo dell’apocalisse ( Apocalisse III V. 15 e 16) che amo e che chiarisce bene (in due versetti) ciò che ho esposto con tante parole: “Io conosco le tue opere, tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca.”