RENE’ GUENON E L’INIZIAZIONE

 

Tratto da “Considerazioni Sulla Via Iniziatica” (1946)René Guénon (1886-1951)
DELL’INIZIAZIONE
L’iniziazione appartiene all’individuo; l’iniziativa di una realizzazione che si perseguirà metodicamente, sotto un controllo rigido ed incessante, e che dovrà condurre a superare le possibilità stesse dell’individuo come tale. è indispensabile aggiungere che questa iniziativa non basta, poiché è evidente che l’individuo non può superare se stesso solo con i suoi mezzi propri, ma, ed è ciò che ci interessa, è questa iniziativa a costituire obbligatoriamente il punto di partenza di ogni realizzazione per l’iniziato. Ogni realizzazione iniziatica è dunque essenzialmente e puramente ‘interiorè, contrariamente a quella uscita da sé che costituisce l’estasi nel senso esatto ed etimologico della parola. E in questo consiste non certo la sola differenza, ma almeno una delle grandi differenze esistenti tra gli stati mistici, interamente appartenenti al dominio religioso, e gli stati iniziatici. …Vi sono certi ignoranti i quali si immaginano che ci si inizi da sé, il ché è in qualche modo una contraddizione dei termini; dimenticando, seppur l’hanno mai saputo, che la parola initium significa entrata o principio; essi confondono il fatto stesso dell’iniziazione, intesa nel senso strettamente etimologico, col lavoro da compiersi ulteriormente affinché questa iniziazione, da virtuale nel primo momento, divenga più o meno completamente effettiva. L’iniziazione, compresa in tal modo, è ciò che tutte le tradizioni si accordano nel designare come seconda nascita; come un essere potrebbe agire da se stesso prima ancora di essere nato?… non siamo più in un’Epoca Primordiale, quando tutti gli uomini possedevano normalmente e spontaneamente uno stato spirituale che oggi può dipendere solo da un alto grado di iniziazione…stato spirituale e sviluppo spirituale che si compiva in essi tanto naturalmente quanto lo sviluppo corporeo. Nell’iniziazione è di fondamentale importanza un collegamento ad una Organizzazione Tradizionale , che non può, beninteso , dispensare in alcun modo dal lavoro interiore che ognuno deve compiere da se stesso, ma che è richiesto come condizione preliminare perché questo lavoro stesso possa effettivamente dare i suoi frutti. Bisogna capire fin da ora che coloro che sono stati costituiti depositari della Conoscenza Iniziatica, non possono comunicarla in maniera più o meno paragonabile a quella di un professore che nell’insegnamento profano comunica ai suoi allievi formule attinte dai libri, formule che essi dovranno soltanto immagazzinare nella loro memoria; si tratta qui di una cosa che, nella sua essenza stessa, è propriamente incomunicabile, poiché sono Stati dell’Essere da realizzare interiormente. Si possono insegnare invero soltanto certi metodi preparatori per ottenere questi Stati; a tale riguardo, dal di fuori, non può essere fornito che un aiuto, un appoggio per facilitare grandemente il lavoro da compiersi, ed anche un controllo per allontanare gli ostacoli ed i pericoli che possono presentarsi. Nella iniziazione occorre sviluppare la virtualità che essa costituisce; ma altresì è anche necessario, in primo luogo, che questa virtualità preesista.
L’INFLUENZA SPIRITUALE
è dunque in un modo diverso che deve essere intesa la trasmissione iniziatica propriamente detta, e non sapremmo meglio caratterizzarla che dicendola essenzialmente la trasmissione di un’influenza spirituale. Le fasi dell’iniziazione riproducono quelle del processo cosmogonico; una tale analogia , basantesi direttamente su quella del microcosmo e del macrocosmo, permette meglio di ogni altra considerazione di chiarire la questione. Infatti si può dire che le attitudini o possibilità incluse nella natura individuale non sono in un primo momento in se stesse che una materia prima, vale a dire una pura potenzialità, in cui non v’è niente di sviluppato o di differenziato; è quindi lo stato caotico e tenebroso, che il simbolismo iniziatico fa corrispondere precisamente al mondo profano, e nel quale si trova l’essere non ancora pervenuto alla seconda nascita. Perché questo Caos possa cominciare a prendere forma ed a organizzarsi, è necessario che gli sia comunicata una vibrazione iniziale dalle potenze spirituali che la Genesi ebraica designa come gli Elohim; questa vibrazione è il Fiat Lux che illumina il Caos, e che è il punto di partenza necessario per tutti gli sviluppi ulteriori. Dal punto di vista iniziatico, questa illuminazione è rappresentata precisamente dalla trasmissione dell’influenza spirituale di cui si è detto più sopra. In virtù di questa influenza le possibilità spirituali dell’essere non sono più la semplice potenzialità che erano prima; esse sono diventate una virtualita pronta a svilupparsi in atto nei diversi stadi della realizzazione iniziatica. L’iniziazione, quindi, implica 3 condizioni che si presentano in modo successivo, e che si potrebbero far corrispondere rispettivamente ai 3 termini di potenzialita , di ‘virtualità’ e di ‘attualità’ : 1) la potenzialità è la qualificazione costituita da certe possibilità inerenti alla natura propria dell’individuo, e che sono la materia prima su cui il lavoro iniziatico dovrà effettuarsi; 2) la virtualità è la trasmissione, per il tramite di un collegamento ad un’organizzazione tradizionale regolare, di un’influenza spirituale che dia all’essere la illuminazione , che gli permetterà di ordinare e di sviluppare quelle possibilità che porta con sé; 3) l’attualità è il lavoro interiore per cui, con l’aiuto di cooperanti o di appoggi esteriori, se è il caso ,e soprattutto nei primi stadi , questo sviluppo sarà realizzato gradualmente, facendo passare l’essere, di gradino in gradino, attraverso i differenti gradi della gerarchia iniziatica, per condurlo allo scopo finale della Liberazione o dell Identità Suprema. Lo scopo essenziale e finale dell’iniziazione oltrepassa il dominio dell’individualità e le sue possibilità particolari. Da un tale semplice rilievo, e senza nemmeno andare al fondo delle cose, si può dunque immediatamente concludere che sia necessaria la presenza di un elemento non umano, e tale è proprio infatti il carattere dell’influenza spirituale la cui trasmissione costituisce l’iniziazione propriamente detta.
LE ORGANIZAZIONI TRADIZIONALI
Possiamo dividere le organizzazioni tradizionali in exoteriche ed esoteriche ; per exoteriche intenderemmo le organizzazioni che in una certa forma di civiltà sono aperte a tutti indistintamente; sono invece esoteriche quelle riservate ad una élite, o, in altri termini, dove sono soltanto ammessi coloro che posseggono una particolare qualificazione. Queste ultime sono propriamente le organizzazioni iniziatiche. ….è facile capire come la parte dell’individuo che conferisce l’iniziazione ad un altro individuo (profano) sia invero una parte di trasmettitore, nel senso più esatto della parola; questi infatti non agisce in quanto individuo, ma in quanto appoggio di una influenza non appartenente all’ordine individuale; è unicamente un anello della “catena ” il cui punto di partenza è al di fuori e al di là dell’umanità. In tal modo, egli non può agire in nome proprio, ma in nome dell’organizzazione cui è collegato e da cui detiene i suoi poteri, o, ancora più esattamente, in nome del Principio che questa organizzazione rappresenta visibilmente. Ciò spiega d’altronde come 1’efficacia del Rito compiuto da un individuo è indipendente dal valore stesso di quest’individuo in quanto tale; se l’individuo non possiede il grado di conoscenza necessario per comprendere il senso profondo del Rito e la ragione essenziale dei suoi diversi elementi, questo rito non per tal motivo avrà meno il suo pieno effetto se, essendo regolarmente investito della funzione di trasmettitore , egli lo adempirà osservando tutte le regole prescritte, e con una intenzione che sia sufficientemente determinata dalla coscienza del suo collegamento all’Organizzazione Tradizionale. Di contro, la conoscenza anche completa del Rito, se è stata ottenuta al di fuori delle condizioni regolari, è interamente sprovvista di ogni valore effettivo; e così diremo, per prendere un esempio semplice (poiché il Rito si riduce essenzialmente nella pronuncia di una parola o di una formula), che, nella Tradizione Indù, se il Mantra non è appreso dalla bocca di un Guru autorizzato, è senza alcun effetto, poiché non è vivificato dalla presenza dell’influenza spirituale di cui è unicamente destinato ad essere il veicolo. La consacrazione dei Templi, delle immagini, degli oggetti rituali, ha lo scopo essenziale di farne il ricettacolo effettivo delle influenze spirituali senza la cui presenza i Riti , ai quali debbono servire, sarebbero sprovvisti di efficacia. Le formule ritmate, corrispondenti esattamente ai Mantra Indù, sono formule la cui ripetizione ha lo scopo di produrre un’armonizzazione dei diversi elementi dell’essere, e di determinare vibrazioni suscettibili, con la loro ripercussione attraverso la serie degli stati in gerarchia infinita, di aprire una comunicazione con gli Stati Superiori, che è d’altronde, in generale, la ragione d’essere essenziale e primordiale di tutti i riti”. Ogni organizzazione iniziatica è altresì “inafferrabile” dal punto di vista del suo segreto, quest’ultimo essendo tale per natura e non per convenzione, e non potendo per conseguenza in alcun caso essere penetrato dai profani,…, poiché il vero segreto iniziatico non è altro che l’incomunicabile, e l’iniziazione sola può dare accesso alla sua conoscenza.
DEI RITUALI INIZIATICI
I Riti hanno sempre lo scopo di mettere l’essere umano in rapporto, direttamente od indirettamente, con qualche cosa che supera la sua individualità e che appartiene ad altri stati di esistenza. Non è necessario in tutti i casi che la Comunicazione così stabilita sia cosciente per essere reale, poiché si opera abitualmente mediante certe modalità sottili dell’individuo, modalità in cui la maggioranza degli uomini è attualmente incapace di trasferire il centro della propria coscienza. Ad ogni modo, sia l’effetto apparente o no, sia immediato o differito, il Rito porta sempre in se stesso la sua efficacia, a condizione beninteso, che sia compiuto in conformità alle regole tradizionali che ne assicurano la validità, e al di fuori delle quali , non sarebbe più che una forma vuota ed un vano simulacro. Questa Efficacia non ha niente di “meraviglioso”, né di “magico”, come talora pensano e dicono alcuni con una palese intenzione di denigrazione e di negazione, poiché risulta semplicemente dalle leggi nettamente definite secondo cui agiscono le Influenze Spirituali, leggi di cui la Tecnica Rituale non è insomma che l’applicazione e la messa in opera (N.d.T. : un pò come accade nella Tecnica dell’Ipnosi Medica ove la semplice lettura del manuale da parte del Medico, ritmando e modulando opportunamente la voce, induce lo stato di coscienza particolare denominato stato ipnotico). è a questa tecnica concernente il maneggio delle influenze spirituali che si riferiscono propriamente espressioni come quelle di “arte sacerdotale” ed “arte reale” designanti le applicazioni rispettive delle iniziazioni corrispondenti (vedi più oltre); d’altra parte, si tratta qui di Scienza Sacra e Tradizionale, ma che, pur essendo sicuramente di un ordine del tutto diverso dalla scienza profana, non è perciò meno “positiva”, anzi lo è realmente molto di più se si prende questa parola nel suo significato vero, che invece è abusivamente svisato dagli “scientisti” moderni. è dunque un errore grave usare, come abbiamo spesso visto fare da uno scrittore massonico francese, apparentemente molto soddisfatto di questa “trovata” piuttosto disgraziata, 1’espressione di “giocare al rituale” parlando dell’adempimento dei riti iniziatici da parte di individui che ne ignorano il senso e che non cercano nemmeno di penetrarlo; una tale espressione non può convenire che nel caso di profani i quali simulassero i riti, non avendo qualità per adempierli validamente; ma, in un’organizzazione iniziatica regolare, per quanto degenerata possa essere in riguardo alla qualità dei suoi membri attuali, il rituale non è qualche cosa con cui si giochi; è e resta sempre una cosa seria e realmente efficace, seppure all’insaputa di coloro che vi partecipano. Un altro punto di importanza capitale è il seguente: l’iniziazione, a qualsiasi grado, rappresenta per l’essere che l’ha ricevuta, un’acquisizione permanente, uno stato che, virtualmente od effettivamente, egli ha raggiunto una volta per sempre, e che ormai nulla può togliergli. Il Legame stabilito dal carattere iniziatico non dipende affatto da contingenze quali possono essere quelle di una dimissione o di una esclusione, che sono semplicemente d’ordine “amministrativo”, come già detto, e non toccano che le relazioni esteriori; se nell’ordine profano tutto si riduce a queste relazioni, per cui un’associazione non può dare altro ai suoi membri, queste stesse relazioni esteriori non sono invece nell’ordine iniziatico che un mezzo del tutto accessorio e non necessario, relativamente alle realtà interiori che soltanto interessano in verità. Per prendere, come applicazione di quanto abbiamo detto in ultimo, l’esempio più semplice , in riguardo alle organizzazioni iniziatiche, è del tutto inesatto parlare di un “ex-Massone”, come si fa comunemente; un Massone dimissionario od anche escluso non fa più parte di una Loggia né di una Obbedienza, ma non per tal motivo è meno Massone; lo voglia o no, nulla cambia. Prova ne sia che , se in seguito viene reintegrato non lo si inizia nuovamente, e non lo si fa ripassare per i gradi già ricevuti. Così l’espressione inglese di unattached Mason è la sola che si addica correttamente a casi simili.
IL SIMBOLISMO
La forma del linguaggio è per definizione stessa discorsiva al pari della ragione umana di cui lo stesso linguaggio è il principale strumento e di cui segue o riproduce il procedimento quanto più esattamente è possibile; invece il simbolismo propriamente detto è veramente intuitivo, vale a dire è, in modo del tutto naturale, incomparabilmente più adatto del linguaggio per servire da punto di appoggio all’intuizione intellettuale e sopra-razionale, ed è precisamente questo il motivo per cui costituisce il modo d’espressione per eccellenza di ogni insegnamento iniziatico. La Filosofia non è propriamente che sapere profano e non può pretendere a nulla di più; mentre il simbolismo, inteso nel suo VERO significato , fa parte essenzialmente della Scienza Sacra.
A PROPOSITO DEI RITI
…In un tal fatto risiede la confusione, veramente strana per chi abbia pretese più o meno confessate di servire da guida ad altri in un dominio dove sono precisamente i riti ad avere una parte essenziale e della più grande importanza, essendo veicoli indispensabili delle influenze spirituali senza le quali non può essere questione del minimo contatto effettivo con realtà di ordine superiore, ma solamente d’aspirazioni vaghe ed inconsistenti, d’ “idealismo” nebuloso e di speculazioni nel vuoto. Se si risale alle Origini, il Rito non è altro che ciò che è conforme all’ordine, secondo l’accezione del termine sanscrito rita; dunque è ciò che soltanto è realmente normale. Il Rito comporta in sé stesso sempre, relativamente alla sua essenza, un elemento non umano. Colui che adempie un rito, se ha raggiunto un certo grado di conoscenza effettiva, può e deve anche avere coscienza che vi è qualche cosa che lo supera, che non dipende in alcun modo dalla sua iniziativa individuale.
LE PROVE INIZIATICHE
Le prove iniziatiche costituiscono un insegnamento dato sotto forma simbolica e destinato ad essere meditato ulteriormente, e contengono in sé un significato che appartiene ad ognuno di approfondire secondo la misura delle proprie capacità. Per maggior precisazione, diremo che le prove sono riti preliminari o preparatori all’iniziazione propriamente detta; esse ne costituiscono il preambolo necessario, sicché l’iniziazione stessa è come la loro conclusione o il loro scopo immediato. è da rilevare che esse rivestono spesso la forma di viaggi simbolici; non facciamo che notare questo punto di sfuggita, poiché non possiamo pensare a dilungarci qui sul simbolismo del viaggio in generale, e diremo soltanto che, sotto questo aspetto, esse si presentano come una “ricerca” (o meglio una “questua” come si diceva nel linguaggio del medio evo) conducente l’essere dalle “tenebre” del mondo profano alla luce iniziatica; ma anche questa forma, che si comprende in tal modo da se stessa, non è in qualche maniera che accessoria, per quanto possa essere appropriata a ciò di cui si tratta. In fondo, le prove sono essenzialmente dei riti di purificazione, ed è in un tal fatto che si trova la vera spiegazione di questa parola stessa di “prove”, che ha qui un significato nettamente alchemico, e non quello volgare che ha dato luogo agli equivoci segnalati precedentemente. Si può comprendere ora perché, quando le prove rivestono la forma di “viaggi” successivi, questi siano messi rispettivamente in rapporto con i differenti elementi della natura; e ci resta soltanto da indicare in quale senso, dal punto di vista iniziatico, il termine stesso di “purificazione” debba essere inteso. Si tratta di ricondurre l’essere ad uno stato di semplicità indifferenziata, paragonabile, come abbiamo detto in precedenza, a quello della materia prima (intesa naturalmente qui in senso relativo), alfine che sia atto a ricevere la vibrazione del Fiat Lux iniziatico; è necessario che l’influenza spirituale, la cui trasmissione gli darà questa prima “illuminazione”, non incontri in lui alcun ostacolo dovuto a “preformazioni” disarmoniche provenienti dal mondo profano; e perciò deve essere ridotto in primo luogo a questo stato di materia prima, il che, se si vuole riflettere un poco, mostra abbastanza chiaramente come il processo iniziatico sia la conquista della Luce divina che è l’unica essenza di ogni spiritualità. La “seconda nascita”, intesa come corrispondente alla prima iniziazione, è propriamente, come abbiamo detto, ciò che può chiamarsi una rigenerazione psichica; ed è infatti nell’ordine psichico, vale a dire nell’ordine in cui si situano le modalità sottili dell’essere umano, che debbono effettuarsi le prime fasi dello sviluppo iniziatico; ma queste ultime non costituiscono uno scopo in se stesse e non sono ancora che preparatorie in rapporto alla realizzazione delle possibilità di un ordine più elevato, vogliamo dire dell’ordine spirituale nel vero senso di questa parola. II punto del processo iniziatico cui abbiamo alluso è dunque quello che segnerà il passaggio dall’ordine psichico all’ordine spirituale.
DEL SEGRETO DEI NOMI INIZIATICI
Valuteremo ora , parlando dei diversi generi di segreti di ordine più o meno esteriore che possono esistere in certe organizzazioni iniziatiche, del segreto riferito ai nomi dei costituenti tali organizzazioni. A prima vista può sembrare che sia da classificare fra le semplici misure precauzionali destinate a garantirsi contro i pericoli che possono provenire da un nemico qualsiasi. In realtà in questo segreto coesistono ragioni ben più profonde. Questo segreto, come vedremo, in realtà riveste un carattere veramente simbolico. L’interesse moderno di voler insistere su questo punto è accresciuto dal fatto che la curiosità dei nomi è una delle manifestazioni più ordinarie dell’individualismo moderno, e che, quando pretende di applicarsi alle cose del dominio iniziatico, testimonia di un grave disconoscimento della realtà di quest’ordine e di una deprecabile tendenza a volerle ridurre al livello delle contingenze profane. Il cosiddetto storicismo dei nostri contemporanei è insoddisfatto se non attribuisce nomi propri ad ogni cosa, vale a dire se non li attribuisce ad individualità umane determinate, secondo la concezione più ristretta possibile, quella che ha corso nella vita profana e non tiene conto che della sola modalità corporea. Tuttavia, il fatto che l’origine delle organizzazioni iniziatiche non può mai essere riferita a tali individualità dovrebbe già far riflettere a tal riguardo; e, quando si tratta delle organizzazioni dell’ordine più profondo, i loro stessi membri non possono essere identificati, non perché si dissimulino, il che, per quante precauzioni si possano prendere, non può essere sempre efficace, ma perché, a stretto rigor di termini, non sono “personaggi” nel senso che vorrebbero gli storici; chiunque credesse dunque di poterli nominare sarebbe inevitabilmente e proprio per tal motivo in errore. Quando l’essere passa ai “grandi misteri”, vale a dire alla realizzazione di stati sopra-individuali, passa per tale motivo oltre il nome e la forma, poiché, come insegna la dottrina indù, questi ultimi (nama-rupa) sono le espressioni rispettive dell’essenza e della sostanza dell’individualità. Un tal essere in vero non ha dunque più nome, trattandosi di una limitazione di cui egli si è ora liberato; occorrendo, egli potrà prendere un nome qualsiasi per manifestarsi nel dominio individuale, ma questo nome non lo toccherà in alcun modo e gli sarà “accidentale” al pari di un semplice abito che si può lasciare o cambiare a volontà. Questa è la spiegazione di quanto dicevamo in precedenza: allorché si tratta di organizzazioni di quest’ordine, i loro membri non hanno nome, e d’altronde neppure esse stesse ne hanno; in tali condizioni, da che cosa può ancora essere suscitata la curiosità profana? Se anche le capita di scoprire dei nomi, questi ultimi non avranno che un valore del tutto convenzionale.
INIZIAZIONE VIRTUALE E INIZIAZIONE EFFETTIVA
La distinzione fra l’iniziazione effettiva e l’iniziazione virtuale è tanto importante da indurci a precisarla meglio; a tal riguardo, faremo rilevare in primo luogo che, tra le condizioni dell’iniziazione enunciate in precedenza, il collegamento ad una organizzazione tradizionale regolare (collegamento che naturalmente presuppone la qualificazione) è sufficiente per l’iniziazione virtuale, mentre, il lavoro interiore che ne consegue concerne proprio l’iniziazione effettiva; insomma, questa è a tutti i suoi gradi lo sviluppo “in atto” delle possibilità cui l’iniziazione virtuale dà accesso. Questa iniziazione virtuale è dunque l’iniziazione intesa nel significato più stretto del termine, vale a dire come una “entrata” o un “principio”; il che, bene inteso, non significa minimamente che essa possa essere considerate come qualche cosa di sufficiente a se stessa, ma soltanto come il punto di partenza necessario per tutto il resto; quando si è entrati in una via, bisogna altresì sforzarsi di seguirla, ed anzi, se è possibile, di seguirla fino in fondo. Si può riassumere tutto in poche parole: entrare nella via è l’iniziazione virtuale; seguire la via è l’iniziazione effettiva; disgraziatamente, di fatto, molti restano sulla soglia, non sempre per colpa della loro incapacità nel procedere oltre, ma anche, nelle condizioni attuali del mondo occidentale soprattutto, a causa della degenerescenza di certe organizzazioni che, divenute troppo “speculative”, come abbiamo spiegato precedentemente (…), non possono per tal motivo aiutarli in alcun modo nel lavoro “operativo”, fosse pure nei suoi stadi più elementari, e nulla forniscono di ciò che almeno possa permettere ad essi di avere il semplice sospetto dell’esistenza di una qualsiasi “realizzazione”. Epperò, anche in queste organizzazioni, si parla è vero ad ogni istante di “lavoro” iniziatico, o almeno di qualche cosa che si considera tale; ma ci si può porre allora legittimamente la questione: in qual senso e in qual misura ciò corrisponde ancora a qualche realtà? Per rispondere ad una tale questione, ricorderemo che l’iniziazione è essenzialmente una trasmissione, ed aggiungeremo che un tal fatto può intendersi in due modi differenti:da una parte, trasmissione di una influenza spirituale, e, d’altra parte, trasmissione di un insegnamento tradizionale. è la trasmissione dell’influenza spirituale che dev’essere soprattutto considerata, non soltanto perché deve logicamente precedere ogni insegnamento ( il che è troppo evidente quando si comprende la necessità del collegamento tradizionale), ma anche e principalmente perché proprio questa trasmissione costituisce essenzialmente l’iniziazione in senso stretto, sicché, se non dovesse trattarsi che di iniziazione virtuale, tutto si potrebbe insomma limitare a ciò, senza nemmeno porsi la questione di aggiungervi ulteriormente un insegnamento qualsiasi. In effetti, l’insegnamento iniziatico non può essere altro che un aiuto esteriore apportato al lavoro interiore di realizzazione, alfine di appoggiarlo e guidarlo per quanto possibile; donde in fondo la sua unica ragion d’essere, ed è solo in ciò che può consistere il lato esteriore e collettivo di un vero “lavoro” iniziatico, se si intende realmente quest’ultimo nel suo significato legittimo e normale.
I SIMBOLI E L’INSEGNAMENTO INIZIATICO
I Simboli sono essenzialmente un mezzo d’insegnamento, e non soltanto di insegnamento esteriore, ma anche di qualche cosa di più, dovendo soprattutto servire da “appoggio” alla meditazione, che è almeno il principio di un lavoro interiore; ma questi stessi simboli, in quanto elementi dei riti e in ragione del loro carattere “non-umano”, sono pure “appoggi” della stessa influenza spirituale. Del resto, è sufficiente riflettere sul fatto che questo lavoro interiore resta inefficace senza ìazione, o, se si preferisce, senza la collaborazione di questa influenza spirituale, per comprendere come la meditazione sui simboli prenda essa stessa in certe condizioni il carattere di un vero Rito, e di un Rito che questa volta non conferisce più soltanto l’iniziazione virtuale, ma permette di raggiungere un grado più o meno avanzato d’iniziazione effettiva. Dobbiamo ritornare a parlare dei caratteri propri all’insegnamento iniziatico, per i quali quest’ultimo si differenzia profondamente da ogni insegnamento profano; si tratta qui di ciò che si può chiamare l’esteriorità di questo insegnamento, vale a dire dei mezzi d’espressione mediante i quali esso può trasmettersi in una certa misura e fino ad un certo punto, alla stregua di preparazione al lavoro puramente interiore, lavoro che permetterà all’iniziazione, da virtuale che era, di diventare più o meno completamente effettiva. Abbiamo già spiegato in precedenza che il simbolismo, che è come la forma sensibile di ogni insegnamento iniziatico, è di fatto un linguaggio realmente più universale delle lingue volgari, e non è permesso dubitarne, quando si consideri che ogni simbolo è suscettibile di molteplici interpretazioni, in alcun modo contraddittorie, ma invece completantisi le une con le altre, e tutte parimenti vere, pur procedendo da differenti punti di vista; ed è in tal modo, perché questo simbolo non è tanto l’espressione di una idea nettamente definita e delimitata (nel modo delle “idee chiare e distinte” della filosofia cartesiana, supposte interamente esprimibili con parole) quanto la rappresentazione sintetica e schematica di tutto un insieme di idee e di concezioni che ciascuno potrà afferrare secondo le sue proprie attitudini intellettuali e nella misura in cui è preparato alla loro comprensione. II simbolo, per chiunque pervenga a penetrarne il significato profondo, potrà fare concepire incomparabilmente più di quanto sia possibile esprimere direttamente; ed esso è anche il solo mezzo per trasmettere, nella misura del possibile, tutto quell’inesprimibile costituente il dominio propriamente iniziatico, o meglio, a più stretto rigor di termini, per depositare le concezioni di quest’ordine in germe nell’intelletto dell’iniziato, che in seguito dovrà farle passare dalla potenza all’atto, svilupparle, ed elaborarle col suo lavoro personale. Nessuno infatti può fare altro che prepararlo a tal lavoro, tracciandogli con formule appropriate il piano che dovrà in seguito realizzare in se stesso alfine di pervenire al possesso effettivo dell’iniziazione, ricevuta dall’esteriore soltanto virtualmente. D’altronde, non bisogna dimenticare che, se l’iniziazione simbolica, da considerarsi soltanto come la base e ìappoggio dell’iniziazione effettiva, è necessariamente la sola che possa essere data esteriormente, può almeno essere conservata e trasmessa anche da coloro che non ne comprendono ne il senso ne la portata; è sufficiente che i simboli siano mantenuti intatti perché siano sempre suscettibili di svegliare, in colui che ne è capace, tutte le concezioni di cui figurano la sintesi. In tal fatto, ricordiamolo ancora una volta, risiede il vero segreto iniziatico che è inviolabile per natura e che si difende da se stesso contro la curiosità dei profani, e di cui il segreto relativo di certi segni esteriori è soltanto una figurazione simbolica; ciascuno potrà più o meno penetrate questo segreto secondo ìestensione del proprio orizzonte intellettuale, ma anche se riuscisse a penetrarlo integralmente non potrebbe mai comunicare ad un altro ciò che egli stesso avrà compreso; tutt’al più potrà aiutare a far pervenire a questa comprensione coloro soltanto che ne sono attualmente atti. L’insegnamento iniziatico, esteriore e trasmissibile in certe forme, non è in realtà e non può essere, ìabbiamo già detto e vi insistiamo ancora, che una preparazione dell’individuo per acquistare la vera conoscenza iniziatica mediante ìeffetto del suo lavoro personale. Si può indicare in tal modo ad un determinato individuo la via da seguire, il piano da realizzare, e disporlo a prendere ìatteggiamento mentale e intellettuale necessario per pervenire ad una comprensione effettiva e non semplicemente teorica; si può anche assisterlo e guidarlo, controllando II suo lavoro in modo costante, ma è tutto, poiché nessuno, fosse pure un “Maestro” nell’accezione più completa del termine, può fare questo lavoro in sua vece. Ciò che l’iniziato deve necessariamente acquisire per se stesso, nessuno e niente di esteriore potendo comunicarglielo, è insomma il possesso effettivo del segreto iniziatico propriamente detto; ma, perché egli possa giungere a realizzare questo possesso in tutta la sua estensione e con tutto ciò che implica, bisogna che l’insegnamento, occorrente in qualche modo come base ed appoggio per il suo lavoro personale, sia costituito in maniera tale da aprirsi su possibilità realmente illimitate per permettergli di estendere indefinitamente le sue concezioni, in pari tempo in larghezza e in profondità, invece di chiudergliele, come fa ogni punto di vista profano, nei limiti più o meno ristretti di una teoria sistematica o di una qualsiasi formula verbale.
I LIMITI DEL MENTALE
è il caso di insistere sulla insufficienza del mentale in riguardo ad ogni conoscenza di ordine propriamente metafisico ed iniziatico; siamo costretti ad usare questo termine di mentale a preferenza di altri, come equivalente del sanscrito manas, poiché vi si ricollega per la radice; intendiamo con questo termine l’insieme delle facoltà di conoscenza specificatamente caratteristiche dell’individuo umano, la cui principale è la cosiddetta ragione. Ricorderemo che soltanto la conoscenza metafisica, nel vero significato della parola (meta ta fusika : dopo le cose fisiche), essendo di ordine universale, sarebbe impossibile se non vi fosse nell’essere una facoltà del medesimo ordine, dunque trascendente in rapporto all’individuo: questa facoltà è propriamente l’intuizione intellettuale. L’uomo in quanto tale, con i suoi propri mezzi umani non può superare se stesso. Ma l’essere che in questo mondo appare come un uomo , è in realtà una cosa del tutto differente, in virtù del principio permanente ed immutabile che lo costituisce nella sua essenza profonda. Ogni conoscenza che può dirsi veramente iniziatica risulta da una comunicazione stabilita coscientemente con gli stati superiori; ed è ad una tale comunicazione che si riferiscono nettamente termini come quelli di “ispirazione” e di “rivelazione”, se li si considera nel loro significato più autentico. La conoscenza diretta dell’ordine trascendente, con la certezza assoluta che implica, è in se stessa evidentemente incomunicabile ed inesprimibile…
i simboli, in virtù del loro carattere essenzialmente “sintetico” sono particolarmente adatti a servire da punto di appoggio all’intuizione intellettuale. Bisogna altresì aggiungere che i simboli , in virtù del loro lato “non umano” , o meglio, “ultra-umano” , portano in se stessi una influenza la cui azione è suscettibile a risvegliare direttamente la facoltà intuitiva in coloro che li meditano nel modo voluto. L’insegnamento iniziatico non deve mai prendere una forma “sistematica”, ma deve invece aprirsi sempre su possibilità illimitate, in modo da poter far rilevare la parte dell’inesprimibile, che in realtà è veramente l’essenziale; in tal maniera il linguaggio stesso, quando è applicato alle Verità di quest’ordine, partecipa in qualche modo al carattere dei simboli propriamente detti. La conoscenza effettiva avviene mediante lo Spirito e l’Anima, vale a dire mediante l’Essere intero. Soltanto la rinuncia al “mentale” permette di valicare. Colui che si attacca al ragionamento, e non se ne disimpegna al momento voluto, resta prigioniero della forma, vale a dire della limitazione che definisce lo stato individuale; mai egli potrà dunque oltrepassare quest’ultimo, e non andrà mai oltre l’esteriore, vale a dire resterà legato al ciclo indefinito di ciò che si manifesta nel visibile. II passaggio dall’esteriore all’interiore è anche il passaggio dalla molteplicità all’unità, dalla circonferenza al centro, al punto unico da dove è possibile all’Essere Umano, restaurato nelle sue prerogative dello ” Stato Primordiale”, elevarsi agli Stati Superiori e, con la realizzazione totale della sua vera essenza, essere infine effettivamente ed attualmente quello che è potenzialmente dall’eternità. Colui che conosce se stesso nella verità dell’essenza eterna ed infinita, conosce e possiede tutte le cose in se stesso e per se stesso, poiché è pervenuto allo stato incondizionato che non lascia al di fuori di sé alcuna possibilità, e questo stato, in rapporto al quale tutti gli altri, per quanto siano elevati, non sono realmente che stadi preliminari senza alcuna comune misura con esso, questo stato, che è lo scopo ultimo di ogni iniziazione, è propriamente ciò che si deve intendere come ìIdentità Suprema.
DELLA COSIDDETTA CULTURA PROFANA
Bisogna finirla col pregiudizio troppo diffuso secondo cui si vuole che la cosiddetta “cultura”, nel senso profano e “mondano” del termine , abbia un qualsiasi valore, fosse pure soltanto a titolo preparatorio, in confronto alla conoscenza iniziatica, mentre non ha, né può in vero avere, alcun punto di contatto con quest’ultima. Ogni studio libresco fa parte incontestabilmente dell’educazione più esteriore; vi insistiamo ad evitare che si possa equivocare quando questo studio verta su libri il cui contenuto è di ordine iniziatico. Colui che legge tanti libri al modo stesso della gente colta, od anche colui che li studia al modo stesso degli eruditi , e secondo i metodi profani, non sarà per tale motivo più vicino alla vera conoscenza, poiché vi porta disposizioni che non gli permettono di penetrarne il senso reale, né di assimilarlo ad un qualsiasi grado. Già abbiamo detto che tutto quanto appartiene alla conoscenza iniziatica non può essere minimamente l’oggetto di una qualsiasi discussione, e che d’altronde la discussione in generale è, se così si può dire, un procedimento profano per eccellenza. L’insegnamento iniziatico per essere realmente giovevole, richiede naturalmente un atteggiamento mentale “ricettivo”, ma “ricettività” non è sinonimo di passività: invece questo insegnamento esige, da parte di chi lo riceve, uno sforzo costante di assimilazione, vale a dire proprio qualche cosa di essenzialmente attivo, ed anzi di attivo al più alto grado. L’iniziato non è un “soggetto”, anzi ne è il contrario; ogni tendenza alla passività non può essere che di ostacolo all’iniziazione, e , quando è predominante, costituisce una “squalificazione” irrimediabile. L’iniziazione deve precisamente condurre alla coscienza pienamente realizzata ed effettiva del “Sé”. La catena iniziatica non esiste per legare l’essere, ma esiste per fornirgli un appoggio che gli permetta di elevarsi indefinitamente e di oltrepassare le limitazioni dell’essere individuale e condizionato.
QUALCHE RIFLESSIONE SUI ROSA-CROCE
Coloro che a partire dal XIV secolo furono chiamati i Rosa-Croce in Occidente, e che ricevettero diverse denominazioni in altri tempi e in altri luoghi, (poiché il nome ha qui soltanto un valore puramente simbolico e deve esso stesso essere adattato alle circostanze), non formarono mai una associazione qualsiasi; essi sono la collettività degli esseri pervenuti ad uno stesso stato superiore a quello dell’umanità ordinaria, ad uno stesso grado di iniziazione effettiva, di cui abbiamo indicato uno degli aspetti essenziali, e posseggono così gli stessi caratteri interiori, il che è sufficiente per riconorscersi fra loro senza aver bisogno di alcun segno esteriore. Per tale motivo, non hanno altro luogo di riunione che ” il Tempio dello Spirito Santo, che è dovunque “, sicché le sue descrizioni date talvolta non possono essere intese che simbolicamente; ed è anche per un motivo simile che restano necessariamente sconosciuti dai profani fra cui vivono, esteriormente simili a loro, sebbene in realtà interamente differenti da questi ultimi; infatti i loro soli segni distintivi sono puramente interiori e non possono essere percepiti che da quelli che hanno raggiunto lo stesso sviluppo spirituale; in tal modo, la loro influenza, più legata ad una “azione di presenza” che ad un’attività esteriore qualsiasi, si esercita per vie totalmente incomprensibili agli uomini comuni. Quello che esso rappresenta è ciò che può chiamarsi la perfezione dello stato umano, poiché il simbolo stesso della Rosa-Croce figura, per i due elementi da cui semplicemente è composto, la reintegrazione dell’essere al centro di questo stato e la piena espansione delle sue possibilità individuali a partire da questo centro; esso designa dunque molto esattamente la restaurazione dello ” stato primordiale “, o, ed è lo stesso, il compimento dell’iniziazione in senso stretto. Dopo la distruzione dell’Ordine dei Templari, gli iniziati all’esoterismo cristiano si riorganizzarono, d’accordo con gli iniziati dell’esoterismo islamico per mantenere, nella misura del possibile, il legame apparentemente rotto da questa distruzione; ma una tale riorganizzazione dovette farsi in modo più nascosto, in qualche maniera invisibile, e senza prendere appoggio in una istituzione esteriormente conosciuta, che , come tale avrebbe potuto essere distrutta ancora una volta. I veri Rosa-Croce furono propriamente gli ispiratori di questa riorganizzazione, o se si vuole, furono i possessori del grado iniziatico di cui abbiamo parlato, considerati specialmente in quanto rappresentarono questa parte che si continuò fino al momento in cui, in seguito ad altri avvenimenti storici, il legame tradizionale considerato fu definitivamente rotto per il mondo Occidentale, il che si produsse durante il XVII secolo. è detto che i Veri Rosa-Croce si ritirarono in Oriente, vale a dire, da quel momento, non vi fu più in Occidente alcuna iniziazione atta a far raggiungere effettivamente questo grado; in conseguenza l’azione che vi si era esercitata fino ad allora, per il mantenimento dell’insegnamento tradizionale corrispondente, cessò di manifestarsi almeno in modi regolare e normale.
INIZIAZIONE SACERDOTALE E INIZIAZIONE REALE
Possiamo distinguere le iniziazioni in ambito esoterico in iniziazioni di tipo Sacerdotale o contemplativo, in uso specialmente nelle tradizioni orientali, ed iniziazioni di tipo Reale, o guerriero o attivo, tipiche delle tradizioni occidentali. Dobbiamo sottolineare che la Conoscenza è sempre superiore all’Azione, perché il dominio metafisico è sempre superiore al dominio fisico, come il principio è sempre superiore a ciò che ne deriva. Da ciò proviene la distinzione fra i “grandi misteri” costituenti propriamente l’iniziazione di tipo contemplativo o sacerdotale, ed i “piccoli misteri” costituenti propriamente l’iniziazione di tipo Reale. Stando le cose in tale maniera, ogni Tradizione, per essere regolare e completa deve comportare ugualmente, nel suo aspetto esoterico, le 2 iniziazioni, o più esattamente le due parti dell’iniziazione, vale a dire i Grandi Misteri ed i Piccoli Misteri. Comunque ciò che non bisogna mai perdere di vista, e che è alla base stessa di ogni insegnamento veramente iniziatico, è che ogni realizzazione degna di questo nome è di ordine essenzialmente interiore, anche se è suscettibile di avere all’esterno ripercussioni di qualsiasi genere. L’uomo può trovare i principi soltanto in se stesso e lo può perché porta in se la corrispondenza di tutto ciò che esiste; infatti non bisogna dimenticare che, secondo una formula dell’esoterismo islamico, l’uomo è il simbolo dell’Esistenza Universale ; e se arriva a penetrare fino al centro del suo proprio essere, egli raggiunge la Conoscenza Totale, con tutto ciò che implica per sovrappiù: “Colui che conosce il suo Sè conosce il suo Signore”, ed allora conosce tutte le cose nella suprema unità del Principio stesso in cui ogni realtà è “eminentemente” contenuta. L’iniziazíone, nella la sua prima parte, quella che riguarda propriamente le possibilità dello stato umano e costituisce quelli che vengono chiamati i “piccoli misteri”, ha appunto come scopo la restaurazione dello “stato primordiale”; in altre parole, grazie a questa iniziazione, se effettivamente realizzata, l’uomo è ricondotto, dalla condizione “decentrata” che presentemente è la sua, alla posizione centrale che normalmente gli compete, e reintegrato in tutte le prerogative inerenti a questa posizione centrale. “L’uomo vero” è perciò quello pervenuto effettivamente al termine dei “piccoli misteri”, ossia alla perfezione dello stato umano; in virtù di ciò, egli è ormai definitivamente insediato “nell’Invariabile Mezzo” (Tchoung-young) e sfugge così alle vìcissitudini della “ruota cosmica”, perché il centro non partecipa al movimento della ruota, ma è il punto fisso e immutabile intorno al quale si effettua il movimento. “L’uomo vero”, essendo passato dalla circonferenza al centro, “dall’esterno” “all’interno”, svolge realmente, rispetto a questo mondo che è il suo,” la funzione del ” motore immobile “, la cui “azione di presenza ” imita, nel proprio àmbito, l’attività – “non agente ” del Cielo. Il fatto è che l’unico punto dell’asse che si situi nell’ambito dello stato umano è il centro di tale stato, sicché per chi non sia giunto al centro l’asse non è percettibile direttamente, ma solo attraverso questo punto che è la sua “traccia” sul piano rappresentativo di tale àmbito; ciò equivale, in altri termini, a quanto abbiamo già detto, e cioè che una comunicazione diretta con gli stati superiori dell’essere, effettuandosi lungo l’asse, è possibile unicamente dal centro; per il resto dell’ambito umano, può esserci soltanto una comunicazione indiretta, mediante una specie di rifrazione a partire da tale centro. Così, da un lato, l’essere che si trova al centro, senza essersi identificato con l’asse, può svolgere realmente nei confronti dello stato umano quel ruolo di “mediatore” che “l’Uomo Universale” svolge per la totalità degli stati; e, dall’altra, colui che ha superato lo stato umano, innalzandosi lungo l’asse agli stati superiori, è ormai “perduto di vista”, se possiamo esprimerci così, per tutti coloro che si trovano in tale stato e non sono ancora pervenuti al suo centro, compresi quelli che possiedono gradi iniziatici effettivi, ma inferiori al grado di “uomo vero” cioè di uomo pervenuto alla conoscenza dei “piccoli misteri”. Costoro non hanno perciò alcun mezzo per distinguere “l’uomo trascendente” “dell’uomo vero”, in quanto dallo stato umano “l’uomo trascendente” può essere scorto solo attraverso la sua “traccia”, e questa “traccia ” si identifica con la figura dell'” uomo vero” ; da tale punto di vista, dunque, l’uno è realmente indiscernibile dall’altro.
DELLA GERARCHIA INIZIATICA
Ogni organizzazione iniziatica è in se stessa essenzialmente gerarchica, tanto che si potrebbe scorgere in un tal fatto uno dei suoi caratteri fondamentali. La gerarchia iniziatica ha qualche cosa di speciale in se che la distingue da tutte le altre gerarchie nell’ordine profano:ed è che essa è formata essenzialmente da gradi di “conoscenza”, con tutto quello che implica questa parola intesa nel suo vero significato. (e quando la si prende nella pienezza di quest’ultimo si riferisce in realtà alla conoscenza effettiva). Alcuni hanno rappresentato i gradi iniziatici come una serie di recinti concentrici che devono essere superati successivamente; una tale immagine è esatta, poiché infatti si tratta di avvicinarsi sempre più proprio ad un “centro” da raggiungere infine all’ultimo grado.
L’INFALLIBILITà DELLA TRADIZIONE
La Dottrina iniziatica è infallibile perché è una espressione della Verità, che in se stessa è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e la comprendono. La garanzia della Dottrina risiede in definitiva nel suo carattere “non-umano”. La Verità non è fatta dall’uomo, come vorrebbero i “relativisti” ed i “soggettivisti” moderni, ma essa invece gli si impone , non tuttavia dal di fuori come una imposizione “fisica”, bensì in realtà “dal di dentro”, perché l’uomo non è evidentemente obbligato a “riconoscerla” come verità se prima non la “conosce”, vale a dire se essa non è penetrata in lui e se egli non l’ha realmente assimilata. Ne consegue che l’uomo sarà infallibile se esprime una verità che conosce realmente, vale a dire a cui sarà identificato; ma non sarà allora infallibile in quanto individuo umano, bensì in quanto, in virtù di questa identificazione, rappresenta, per così dire, questa verità stessa. L’interprete autorizzato della Dottrina Esoterica, in quanto esercita la sua funzione come tale, non può parlare mai a nome proprio, ma unicamente a nome della Tradizione che allora rappresenta, e in qualche modo “incarna”, e che è essa soltanto realmente infallibile; finché è così, l’individuo non esiste che come semplice “appoggio” della formulazione dottrinale, “appoggio” che in se stesso non rappresenta una parte attiva, come non ne ha la carta su cui un libro viene stampato, nei confronti delle idee cui serve da veicolo. Se poi gli capita di parlare a proprio nome nell’esercizio della sua funzione, ed allora non esprime che semplici opinioni individuali, per cui non è più infallibile, non più infallibile di un altro individuo qualsiasi; egli non gode dunque per se stesso di alcun “privilegio”, poiché , appena la sua individualità riappare e si afferma, cessa immediatamente di essere il Rappresentante della Tradizione, e non è più che un uomo ordinario come qualsiasi altro, che, nel rapporto dottrinale, vale soltanto nella misura della conoscenza da lui posseduta realmente in proprio, e che, in ogni caso, non può pretendere di imporre ad alcuno la sua autorità. L’infallibilità di cui abbiamo trattato è dunque legata unicamente alla funzione e non all’individuo in quanto tale.
COSA E’ INFINE L’INIZIAZIONE
Con l’iniziazione l’essere passa dunque dalle “tenebre alla luce”, come il mondo alla sua stessa origine (e il simbolismo della “nascita” è ugualmente applicabile ai due casi) vi è passato per l’atto del Verbo creatore ed ordinatore. E così l’iniziazione è veramente, secondo un carattere d’altronde molto generale dei riti tradizionali, un’immagine di “ciò che è stato fatto in Principio”. Lo stato dell’essere anteriormente all’iniziazione costituisce la sostanza “indistinta” di tutto quello che egli potrà diventare effettivamente in seguito, poiché, come abbiamo detto in precedenza, l’iniziazione non può avere per effetto d’introdurre in questo essere possibilità prima inesistenti (questa è d’altronde la ragione d’essere delle qualificazioni richieste come condizione preliminare), al pari del Fiat Lux cosmogonico che non aggiunge “sostanzialmente” nulla alle possibilità del mondo per cui è proferito; ma queste possibilità non vi si trovano che ancora allo stato “caotico e tenebroso”, ed è necessaria “l’illuminazione” perché possano cominciare ad ordinarsi ed a passare dalla potenza all’atto. Si deve infatti comprendere che questo passaggio non si effettua istantaneamente, ma si continua durante tutto il lavoro iniziatico, come, dal punto di vista ” macrocosmico “, esso si persegue durante tutto il ciclo di manifestazione del mondo considerato; il “cosmos” o “l’ordine” non esiste che solo virtualmente, per il fatto del Fiat Lux iniziale (che d’altronde in se stesso deve essere considerato come avente un carattere propriamente “intemporale”, poiché precede lo svolgimento del ciclo di manifestazione e non può quindi situarsi all’interno di quest’ultimo), e parimenti l’iniziazione non è compiuta che virtualmente con la comunicazione dell’influenza spirituale di cui la luce è in qualche maniera “l’appoggio” rituale.