Alcuni Testi su cui Meditare

Oggi vorrei proporvi dei testi sui quali ho discusso con un mio acuto amico. Questi brani non sono stati scelti direttamente da me, ma visto l’effetto notevole, ho voluto provare a proporveli.
Due epoche molto differenti, si passa da Plutarco a Nietzsche, ma il senso, l’emozione di fondo, forse, è la medesima.
Mi fu consigliato di non provare a dare un senso a quel che leggevo, ma solo di esprimere ciò che provavo, provate voi…
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Plutarco
De defectu oraculorum
Epiterse, mio concittadino, raccontò che una volta, navigando verso l’Italia, si era imbarcato su una nave che trasportava merci e molti passeggeri: di sera, quando già (si trovavano) presso le isole Echinadi, il vento cadde di colpo, e la nave, trasportata (dalla corrente), giunse nei pressi di Paxo; la maggior parte (dei passeggeri) era sveglia, e molti, terminata la cena, stavano ancora bevendo; all’improvviso si sentì una voce dall’isola di Paxo, (come) di uno che chiamasse a gran voce Tamo, tanto che restarono sbalorditi. (Questo) Tamo era un pilota egiziano, ma a molti dei passeggeri non era noto per nome. Per due volte, dunque, chiamato (dalla voce), lui stette zitto, ma alla terza rispose al chiamante; e quello, alzando il tono di voce, disse: “Quando sarai a Palode, annuncia che il grande Pan è morto”.
Al sentire queste parole, Epiterse diceva che tutti restarono sbalorditi. Quando dunque arrivò a Palode, Tamo, gridò verso la terra, come aveva sentito : “Il grande Pan è morto”. Ed egli non aveva quasi finito, che si levò un gran gemito, non di una (persona?) sola, ma di molte, pieno di stupore. E siccome molti uomini erano presenti (al prodigio), ben presto la (sua) fama si sparse per Roma.
F. Nietzsche, La gaia scienza, aforisma 125
L’uomo folle. – Avete sentito di quel folle uomo che accese una lanterna alla chiara luce del mattino, corse al mercato e si mise a gridare incessantemente: “Cerco Dio! Cerco Dio!”. E poiché proprio là si trovavano raccolti molti di quelli che non credevano in Dio, suscitò grandi risa. “È forse perduto?” disse uno. “Si è perduto come un bambino?” fece un altro. “0ppure sta ben nascosto? Ha paura di noi? Si è imbarcato? È emigrato?” – gridavano e ridevano in una gran confusione. Il folle uomo balzò in mezzo a loro e li trapassò con i suoi sguardi: “Dove se n’è andato Dio? – gridò – ve lo voglio dire! Siamo stati noi ad ucciderlo: voi e io! Siamo noi tutti i suoi assassini! Ma come abbiamo fatto questo? Come potemmo vuotare il mare bevendolo fino all’ultima goccia? Chi ci dètte la spugna per strusciar via l’intero orizzonte? Che mai facemmo, a sciogliere questa terra dalla catena del suo sole? Dov’è che si muove ora? Dov’è che ci moviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? E all’indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è fatto piú freddo? Non seguita a venire notte, sempre piú notte? Non dobbiamo accendere lanterne la mattina? Dello strepito che fanno i becchini mentre seppelliscono Dio, non udiamo dunque nulla? Non fiutiamo ancora il lezzo della divina putrefazione? Anche gli dèi si decompongono! Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso! Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? Quanto di piú sacro e di piú possente il mondo possedeva fino ad oggi, si è dissanguato sotto i nostri coltelli; chi detergerà da noi questo sangue? Con quale acqua potremmo noi lavarci? Quali riti espiatòri, quali giochi sacri dovremo noi inventare? Non è troppo grande, per noi, la grandezza di questa azione? Non dobbiamo noi stessi diventare dèi, per apparire almeno degni di essa? Non ci fu mai un’azione piú grande: tutti coloro che verranno dopo di noi apparterranno, in virtú di questa azione, ad una storia piú alta di quanto mai siano state tutte le storie fino ad oggi!”. A questo punto il folle uomo tacque, e rivolse di nuovo lo sguardo sui suoi ascoltatori: anch’essi tacevano e lo guardavano stupiti. Finalmente gettò a terra la sua lanterna che andò in frantumi e si spense. “Vengo troppo presto – proseguí – non è ancora il mio tempo. Questo enorme avvenimento è ancora per strada e sta facendo il suo cammino: non è ancora arrivato fino alle orecchie degli uomini. Fulmine e tuono vogliono tempo, il lume delle costellazioni vuole tempo, le azioni vogliono tempo, anche dopo essere state compiute, perché siano vedute e ascoltate. Quest’azione è ancora sempre piú lontana da loro delle piú lontane costellazioni: eppure son loro che l’hanno compiuta!”. Si racconta ancora che l’uomo folle abbia fatto irruzione, quello stesso giorno, in diverse chiese e quivi abbia intonato il suo Requiem aeternam Deo. Cacciatone fuori e interrogato, si dice che si fosse limitato a rispondere invariabilmente in questo modo: “Che altro sono ancora queste chiese, se non le fosse e i sepolcri di Dio?”.